Il primo gennaio 1999 nasceva l’euro. Creazione eminentemente politica che, in oltre vent’anni, ha tolto e toglie il potere sovrano del popolo, la sovranità parlamentare e quella monetaria. E continuano a toglierci tutto.
La crisi che oggi sta distruggendo l’economia e i diritti delle famiglie e delle aziende italiane come mai dal 1945 a oggi, viene anche da questo. La crescita si verifica quando tutto il sistema economico si muove all’unisono. Mancano, al contrario, gli interventi di mediazione e di accordo che evitino contrapposizioni esagerate e possibili furiosi contrasti, strumenti per superare alla meno peggio interessi di parte che impediscono ai più deboli di essere mortificati dai più potenti senza, pertanto, raggiungere risultati di equilibrio salutari e compensativi. L’euro, quindi, non ha aperto l’età dell’oro. Le difficoltà dell’euro, le conseguenti insoddisfazioni
attuali e visibili, rendono difficili e più marcati i negoziati in corso, forse non tutti previsti. E ciò ad iniziare dalla sovrabbondante euforia, rovesciata da molti sulle convenienze immediate dell’integrazione monetaria europea. Se si aggiunge a questo il vasto ricambio di maggioranze politico- elettorali negli Stati membri che hanno visto vincitori europeisti convertiti e perdenti europeisti per vocazione, immettendo sulla ribalta personaggi tutti ancora da scoprire e assetti da verificare, le posizioni da prendere diventano ancora più difficili. I vincoli dei patti comunitari seguono la politica del “tira e molla” e la realtà europea si presenta come un luogo, aperto a tutti, per piantare e scalare una specie di albero della cuccagna, carico di miracolistiche risoluzioni per tutte le fantasie e per i molteplici bisogni degli Stati nazionali. Raggiunta tale consapevolezza, scemano le delusioni e i rischi di cadere in stagnanti affievolimenti e in miscredenze per miracoli mancati. E poi viene a galla anche un negativo stato di fatto: cittadini e governanti di ventisette Stati continuano a sentirsi europei a…giorni alterni.(G.D’Oria)