Archivio mensile:agosto 2022

EURO

Il primo gennaio 1999 nasceva l’euro. Creazione eminentemente politica che, in oltre vent’anni, ha tolto e toglie il potere sovrano del popolo, la sovranità parlamentare e quella monetaria. E continuano a toglierci tutto.

La crisi che oggi sta distruggendo l’economia e i diritti delle famiglie e delle aziende italiane come mai dal 1945 a oggi, viene anche da questo. La crescita si verifica quando tutto il sistema economico si muove all’unisono. Mancano, al contrario, gli interventi di mediazione e di accordo che evitino contrapposizioni esagerate e possibili furiosi contrasti, strumenti per superare alla meno peggio interessi di parte che impediscono ai più deboli di essere mortificati dai più potenti senza, pertanto, raggiungere risultati di equilibrio salutari e compensativi. L’euro, quindi, non ha aperto l’età dell’oro. Le difficoltà dell’euro, le conseguenti insoddisfazioni

attuali e visibili, rendono difficili e più marcati i negoziati in corso, forse non tutti previsti. E ciò ad iniziare dalla sovrabbondante euforia, rovesciata da molti sulle convenienze immediate dell’integrazione monetaria europea. Se si aggiunge a questo il vasto ricambio di maggioranze politico- elettorali negli Stati membri che hanno visto vincitori europeisti convertiti e perdenti europeisti per vocazione, immettendo sulla ribalta personaggi tutti ancora da scoprire e assetti da verificare, le posizioni da prendere diventano ancora più difficili. I vincoli dei patti comunitari seguono la politica del “tira e molla” e la realtà europea si presenta come un luogo, aperto a tutti, per piantare e scalare una specie di albero della cuccagna, carico di miracolistiche risoluzioni per tutte le fantasie e per i molteplici bisogni degli Stati nazionali. Raggiunta tale consapevolezza, scemano le delusioni e i rischi di cadere in stagnanti affievolimenti e in miscredenze per miracoli mancati. E poi viene a galla anche un negativo stato di fatto: cittadini e governanti di ventisette Stati continuano a sentirsi europei a…giorni alterni.(G.D’Oria)

AGENDE.

L’agenda Monti, nel 2012, si collocava in una prospettiva almeno decennale. Secondo alcuni fu una svolta storica, secondo altri un papocchio. Ora si discute sull’agenda Draghi, quale formula magica, da molti ritenuta la panacea dei mali che ci affliggono. Inoltre stolti richiami ad una mitica “società civile”, equivoca e sfruttata per i propri comodi, investono la funzione di partiti e partitini nel contesto di una democrazia artificiosa.

Si assiste, ad ogni pie’ sospinto, a complicati compromessi politico- amministrativi, alcuni davvero sul filo dell’assurdo. Anarchia e confusione vanno a braccetto.

Resta il fatto che ci sentiamo catturati dalla sfiducia ed immersi nello scontento, sistematico ed istituzionale. Spero che non si cada nel sonno della ragione che genera mostri e stenta a riconoscere e distinguere il bene dal male, essendosi occluso il senso del discernimento.(G.D’Oria)

TURISMO

Si dice e si scrive tanto sul turismo nelle nostre contrade. Per questo inventiamo una massa informe di spettacoli, feste e festicciole consumati con dispendio di denaro e di energie. Sarebbe pure auspicabile ricavare il totale dei costi, il grado di qualità e una approfondita analisi sulle effettive ricadute, in positivo, di questa pletora festaiola. Vi è da domandarsi se l’ossessiva baldoria, inevitabilmente chiassosa e fortemente eterogenea, caratterizzata da una inesauribile girandola di micro e macro manifestazioni di ogni tipo, collima davvero con i desideri della “clientela ospitata”, indefinita e sfuggente. (G. D’Oria)

SINISTRA E DESTRA.

In Italia le famiglie vicine alle soglie di povertà aumentano e lo Stato ne aiuta pochissime. Le riforme, il merito e la concorrenza dovrebbero essere principi della sinistra che, al contrario, opponendosi, finisce per difendere indirettamente i privilegi. Le liberalizzazioni, sinora, sono state molto poche e comunque non sono state determinanti per ridurre i privilegi, anzi, se ne sono conservati molti e i governi di centrodestra, proponendosi di conservare le situazioni incancrenite, sono riusciti a mantenere, facendo finta di cambiare, le situazioni pregresse senza sostanziali cambiamenti. Analoga cosa per i governi di sinistra. Coloro che falliscono non essendo capaci di attuare riforme, che dovrebbero essere di sinistra, o coloro che riescono a far conservare privilegi, che sono propri di una destra che vuole le riforme, ed entrambi alla fine si confondono senza distinzione alcuna, sono classificabili a sinistra o a destra?

Presso l’Università del Salento pare che il numero degli addetti a funzioni tecniche ed amministrative supera quello dei docenti con sperpero di tante risorse in scelte antieconomiche di assunzioni clientelari. Dell’ Università ci si preoccupa poco e non ha importanza se la buona e ricca posizione di alcuni cittadini possa permettersi studi specialistici altrove piuttosto che in loco a danno dei meno abbienti. Ove scarseggia merito e concorrenza, ove nel pubblico impiego si fa carriera per anzianità e non per meriti, si trova una società in cui le prospettive future saranno determinate dal censo che è proprio quello contro cui una sinistra dovrebbe battersi.

Banche, assicurazioni, imprese elettriche e del gas, professionisti ed enti locali dovrebbero essere condizionati quando, diventando potenti, ostacolano ogni forma di concorrenza; la riforma delle pensioni, così com’è, è sicuramente contro l’interesse dei poveri e dei giovani.

Chi è più di sinistra, colui che vuole che il nostro Welfare sia riformato sin dalle sua fondamenta o colui che si oppone per conservare le situazioni di ingiustizia sociale a cui assiste impotente? Chi ha fallito perché non all’altezza di spiegare riforme mancate che dovrebbero essere di sinistra e chi, al contrario, vuole mantenere i privilegi di destra, fingendo di voler riformare senza individuare scelte che abbiano coerenza e ragioni plausibili, crea situazioni che, dai diversi comportamenti, sia a destra che a sinistra, fanno emergere, visibilmente, ambivalenza, ambiguità e instabilità di scelte e comportamenti che, per molti versi, stanno diventando, contemporaneamente, “normali”, ma anche contraddittori e incredibili e, soprattutto, poco congeniali e duttili per la concreta realizzazione di una società più giusta. (G.D’Oria)

MANOVRE

Prevalgono manovre di uno sfacciato trasversalismo partitico che rende confuso il quadro già di per sé farraginoso. Con meccanismi parlamentari complicati e l’intensificazione di tanti intrallazzi, veri e propri agglomerati multicolori, con venature qualunquistiche, il risultato, con onorevoli sparsi in varie liste, contrapposte alla loro originaria appartenenza, è a tutto danno di una governabilità.
Quindi, nei diversi “cantieri” della politica e nell’assalto alle poltrone poco conta l’approccio ad un costante colloquio con la gente che non può dare a molti cittadini un’idea di sicurezza e di affidabilità, con la conseguenza di avere come risultato una gestione del potere scarsamente decifrabile con un conseguente rapporto Istituzioni – popolo molto allentato e con ulteriore scompiglio della pace civica. (G.D’Oria)

PARTECIPAZIONE POPOLARE.

Diventa inevitabile il richiamo alla partecipazione popolare, ai continui e benefici incontri associativi, alla intensa presenza della gente nelle piazze con raffronto, colloquio e critica. Pure un’immedesimazione degli affanni altrui, della ricerca del pubblico bene che hanno annodato e annodano talenti di chi ha cultura e fecondità di chi ha istintivo pregio di buon senso. Ed anch’io ho scoperto una diffusa, anche se sconsolata, presa d’atto di cose perdute, che si vorrebbero ravvivate in meglio perché presenti nel sottofondo dell’anima. Ma forse tutto ciò è un abbaglio da parte di chi crede davvero che la gente dell’oggi satura di ragguardevoli fragilità confuse, stia riscoprendo solidi ancoraggi rispetto al traballante “nuovismo”, fine a se stesso. Naturalmente ci si impiglia nel labirinto dei variegati atteggiamenti che confondono ancor più. Allora, proprio in questa sarabanda, è auspicabile che non manchino, verso chi ha bisogno e nutre speranza, nei confronti di nuove elezioni politiche, di progetti seri, un’oculata spesa pubblica, una stretta di mano, una telefonata, un ritorno alla politica sentita quale indispensabile condizione per raggiungere altri beni essenziali. Oggi più di prima. (G.D’Oria)